di Alistair Castagnoli, consulting coach
ESERCIZIO FISICO E FATICA
Per comprendere cosa sia la fatica – o meglio i vari tipi di fatica (Calder 2003) – che ognuno sperimenta nel corso della propria vita sportiva e personale, dobbiamo partire dalla definizione di ciò che genera le fatiche (il plurale è usato volutamente) durante la pratica di uno sport o di un'attività fisica, ossia l'esercizio fisico.
L'esercizio fisico è una forma di energia meccanica che va a modificare l'equilibrio dell'ambiente interno del nostro corpo (Ament and Verkerke, 2009).
I muscoli durante l'esercizio fisico generano forza, calore e metaboliti utilizzando e consumando le riserve energetiche che abbiamo immagazzinato in diversi depositi nel nostro corpo. A seconda del tipo, dell'intensità e della durata dell'esercizio le reazioni del nostro corpo cambiano così come cambia la percezione che ha il cervello dello sforzo e delle conseguenze dello sforzo stesso. Ciò che non cambia è che, prima o poi, insorge una sensazione a cui abbiamo dato il nome di “fatica” che ha il ruolo fisiologico di proteggere il soggetto che si allena dagli effetti dannosi dell'esercizio fisico prolungato. Proprio l'insorgere di questa sensazione fa sì che chi compie l'esercizio modifichi la sua strategia nell'effettuare l'esercizio stesso (spesso in modo inconsapevole) affinché l'intensità a cui è sottoposto si riduca, a volte fino alla totale interruzione dell'esercizio. (Ament and Verkerke, 2009)
LO SCOPO DEL RECUPERO
RICONOSCERE LA FATICA
RIPOSI E RECUPERI
Il basket è uno sport dove un giocatore deve continuamente fare previsioni e prendere decisioni. Questo tipo di impegno è assai più importante e contemporaneamente più difficile da allenare di quello che viene chiamato fisico, tecnico, tattico. Nella nostra visione la giocatrice è stata considerata sempre come una sola entità originata dal prodotto – e non dalla divisione – dei suoi aspetti fisici, mentali e tecnici. L'apprendimento dei principi di gioco si è quindi realizzato grazie alla comprensione da parte della giocatrice di concetti che nascono nel sistema nervoso centrale e passano poi attraverso quello periferico.
Facciamo un esempio. La giocatrice in campo si trova a dover prendere una decisione. Quella decisione è stata già acquisita in allenamento in quanto principio del modello di gioco scelto. Presa questa decisione (in modo quasi sempre inconsapevole) è poi il corpo che la mette in pratica attraverso la sua capacità di compiere un gesto tecnico e un movimento fisico.
Bibliografia di riferimento
Ament W, Verkerke GJ. – Exercise and fatigue – Sports Med. 2009;39(5):389-422
I muscoli durante l'esercizio fisico generano forza, calore e metaboliti utilizzando e consumando le riserve energetiche che abbiamo immagazzinato in diversi depositi nel nostro corpo. A seconda del tipo, dell'intensità e della durata dell'esercizio le reazioni del nostro corpo cambiano così come cambia la percezione che ha il cervello dello sforzo e delle conseguenze dello sforzo stesso. Ciò che non cambia è che, prima o poi, insorge una sensazione a cui abbiamo dato il nome di “fatica” che ha il ruolo fisiologico di proteggere il soggetto che si allena dagli effetti dannosi dell'esercizio fisico prolungato. Proprio l'insorgere di questa sensazione fa sì che chi compie l'esercizio modifichi la sua strategia nell'effettuare l'esercizio stesso (spesso in modo inconsapevole) affinché l'intensità a cui è sottoposto si riduca, a volte fino alla totale interruzione dell'esercizio. (Ament and Verkerke, 2009)
DIVERSI TIPI DI FATICA
La fatica, come detto, non è di un solo tipo e non viene percepita da tutti allo stesso modo. Correntemente viene distinta in fatica periferica e fatica centrale.
La fatica periferica è associata a modificazioni dell'ambiente interno del corpo e delle fibre muscolari (tabella 1).
La fatica centrale è associata a modificazioni a livello centrale (Tabella 2).
LUOGO | MODIFICAZIONI | CONSEGUENZE PRINCIPALI |
AMBIENTE INTERNO | Accumulo di ione lattato e ione idrogeno (H+) | Aumento del quoziente respiratorio |
(sangue; fluido extracellulare) | Accumulo di ammoniaca (NH3) | Influenza i neurotrasmettitori a livello cerebrale. Affaticamento generale |
Aumento del calore | Aumento della sudorazione che può portare alla disidratazione | |
Accumulo di fosfato inorganico (Pi) nel sarcoplasma | Diminuzione della forza contrattile | |
Accumulo di ioni H+ nel sarcoplasma | Diminuzione della forza contrattile | |
FIBRA MUSCOLARE | Accumulo di ioni Mg2+ nel sarcoplasma | Inibizione del rilascio di Ca2+. Diminuzione della produzione di forza |
Diminuzione della riserve di glicogeno | Aumento della fatica muscolare | |
Diminuzione dei livelli di glucosio nel sangue | Interferenza nel funzionamento del SNC. Affaticamento generale | |
Aumento dell'efflusso di ioni K+ (dalla fibra muscolare) | Diminuzione della forza contrattile |
Tabella 1 – principali variazioni associate alla fatica periferica (modificato da Ament and Verkerke, 2009)
LUOGO | MODIFICAZIONI | CONSEGUENZE PRINCIPALI |
Possibile blocco della conduzione del potenziale | Perdita della capacità contrattile della fibra muscolare | |
d'azione nei siti di ramificazione assonale | ||
SISTEMA NERVOSO | Stimolazione dei nervi di tipo III e IV | Diminuzione della frequenza di scarica del motoneurone. Inibizione |
CENTRALE | dell'output della corteccia motoria | |
Aumento dell'effetto dei neuroni serotoninergici | Aumento della sensazione di stanchezza e fatica | |
Rilascio di citochine | Aumento della sensazione di fatica (IL-6) e di malessere (IL-1) |
Tabella 2 – principali variazioni associate alla fatica centrale (modificato da Ament and Verkerke 2009
UN MODO DI CRESCERE
Conoscere i meccanismi che stanno alla base dell'insorgere della fatica è fondamentale, ma ancora di più è importante identificare e classificare i tipi di fatica che percepiamo. Questo perché più è precisa la nostra analisi più sarà rigoroso e mirato l'intervento per recuperare dal tipo di fatica percepito. Lasciare al caso la fase di recupero è mettere in pericolo anche la fase di allenamento!
Non esiste una sola strategia di recupero e non tutti gli atleti la possono applicare allo stesso modo. Come è sempre più individualizzato il programma di allenamento, così deve essere individualizzato anche il programma di recupero e ciò deve avvenire sia dopo un'attenta analisi del soggetto sia dopo una valutazione delle reazioni del soggetto senza dare nulla per scontato. Ciò che ha funzionato su altri atleti in altri contesti e ciò che abbiamo fatto fino a ieri con successo non è detto che anche oggi funzioni allo stesso modo. Aggiornarsi e monitorare costantemente con mentalità critica e onestà intellettuale ogni fase dall'allenamento (recupero incluso!) deve essere il modus operandi di chi lavora con soggetti variabili come gli esseri viventi.
Non esiste una sola strategia di recupero e non tutti gli atleti la possono applicare allo stesso modo. Come è sempre più individualizzato il programma di allenamento, così deve essere individualizzato anche il programma di recupero e ciò deve avvenire sia dopo un'attenta analisi del soggetto sia dopo una valutazione delle reazioni del soggetto senza dare nulla per scontato. Ciò che ha funzionato su altri atleti in altri contesti e ciò che abbiamo fatto fino a ieri con successo non è detto che anche oggi funzioni allo stesso modo. Aggiornarsi e monitorare costantemente con mentalità critica e onestà intellettuale ogni fase dall'allenamento (recupero incluso!) deve essere il modus operandi di chi lavora con soggetti variabili come gli esseri viventi.
Alla luce di quanto visto fin'ora, a cosa servono le fasi successive a quella della fatica?
Lo scopo delle fasi del recupero è quello di aiutare l’atleta ad adattarsi più rapidamente agli stimoli dell’allenamento successivo riducendo la fatica affinché il processo di overcompensation innalzi la capacità di compiere la performance (Calder, 2003).
Iniziare quindi un nuovo allenamento ancora affaticati da quello precedente non solo diminuisce la performance, ma anche la capacità dell’atleta di assimilare i contenuti dell’allenamento innescando un circolo vizioso che, tramite la percezione della fatica e i danni dovuti alla pratica di attività fisica, spesso conduce alle sindromi di overtraining (sovrallenamento), overuse (infortuni dovuti all’uso eccessivo del corpo), burnout (rifiuto ed abbandono dell’attività sportiva).
La fatica è una sensazione di stanchezza dovuta a un decremento della funzione e della performance del sistema nervoso e muscolare (SSC of USTA, 2010).
In sport quali il basket, la pallamano, la pallavolo, il calcio, il tennis, lo squash, l’hockey e simili si manifesta tramite una serie di decrementi e di aumenti.
- Decremento dell’accuratezza nella meccanica dei gesti tecnici;
- decremento della velocità di esecuzione dei movimenti specifici – tiro, passaggio, palleggio, alzata, schiacciata, battuta, servizio;
- decremento della velocità di esecuzione degli spostamenti – dovuta a una riduzione della capacità di comprendere il gioco, di anticipare le scelte, di prendere decisioni.
- Aumento del numero delle scelte mentali – e quindi tecniche e tattiche – errate;
- aumento degli errori non forzati dagli avversari;
- aumento della frustrazione mentale ed emotiva (che genera rabbia).
(modificato da SSC of USTA, 2010)
Una volta interrotto l'esercizio fisico o l'attività sportiva che genera questa fatica, lo staff, collaborando con l’atleta, identifica quali sono le sensazioni percepite e passa alla preparazione del programma di recupero più indicato.
Identificare le fatiche ci aiuta a preparare un programma di ripristino basato sulla strategia di recupero che meglio si contrappone agli effetti dannosi del tipo di fatica che è insorta nell'atleta.
Nella tabella 3 sono riassunti i principali tipi di fatica e le cause responsabili dell'insorgenza della fatica. Nella tabella 4 le manifestazioni dei vari tipi di fatica. Nella tabella 5 alcuni esempi di manifestazione delle fatiche. Nella tabella 6 le strategie di recupero più indicate.
Tipo di fatica | Causa principale della fatica |
Fatica Metabolica | Allenamenti della durata di più di un'ora |
(deplezione riserve energetiche) | Più di un allenamento al giorno |
Di tipo cumulativo quando ci si allena o si giocano parecchie partite in più giorni consecutivi | |
Fatica Neurologica | Allenamenti di breve durata ma di alta intensità (pesi, pliometria, esercizi dall'esecuzione complessa) |
(sistema nervoso periferico; | Allenamenti di lunga durata con bassa intensità ma che comprendono movimenti ripetuti (nuoto, corsa, ciclismo, canoa) |
muscoli) | Parecchie partite in più giorni consecutivi |
Fatica Neurologica | Bassi livelli di glucosio nel sangue |
(sistema nervoso centrale; cervello) | Sessione di allenamento mentalmente molto intensa che comprende rapide prese di decisioni e di reazione |
Scarsa motivazione dovuta alla monotonia dell'allenamento; fattori emotivi; infortuni | |
Fatica Psicologica | Mancanza di coesione tra i componenti della squadra, conflitti di personalità |
(emotiva, sociale, culturale) | Pressione dovuta all'importanza della competizione o alla sede dell'evento. Pressione dovuta ai genitori, allenatore, media |
Altri stress dovuti allo stile di vita: problemi familiari, esami scolastici, relazioni personali | |
Fatica Ambientale | Alterazione della normale routine giornaliera: ciclo sonno/veglia, orari dei pasti. |
(spostamenti, viaggi, | Sedentarietà, posizioni del corpo scomode e movimenti limitati durante viaggi/spostamenti di lunga durata (maggiore di 30 minuti) |
pernottamenti) | Adattamento a fusi orari e climi differenti |
Tempo atmosferico: il vento, il calore e il sole possono aumentare la stanchezza |
Tabella 3 – principali tipi di fatica e cause responsabili dell'insorgenza della fatica (modificato da Calder, 2003)
Tipo di fatica | Come si manifesta la fatica |
Fatica Metabolica | L'atleta si sente stanco prima di quando è abituato |
(deplezione riserve energetiche) | L'atleta fa difficoltà a terminare la sessione di allenamento |
Fatica Neurologica | Forza localizzata ridotta (spostamenti lenti) |
(sistema nervoso periferico; | Capacità di accelerazione ridotta |
muscoli) | Qualità del gesto tecnico ridotta |
Potenza ridotta | |
Fatica Neurologica | Mancanza di voglia di allenarsi e mancanza di motivazione a migliorare |
(sistema nervoso centrale; cervello) | Minore velocità ad elaborare gli indizi visivi |
Fatica Psicologica | Diminuzione dell'autostima e della fiducia in se stesso |
(emotiva, sociale, culturale) | Il linguaggio del corpo mostra un aumento di segnali di ansia e di atteggiamenti negativi |
Scarsa interazione e deterioramento della comunicazione con altri atleti e staff | |
Scarsa qualità del sonno | |
Fatica Ambientale | I giocatori sono più lenti ad iniziare a riscaldarsi. Il riscaldamento dura più a lungo |
(spostamenti, viaggi, | La fatica insorge prima del solito |
pernottamenti) | Errori non forzati nei primi 15 minuti sono molto sopra la media |
Affaticamento visivo dovuta a luce diretta del sole o fonti di luce molto luminose |
Tabella 4 – manifestazioni dei vari tipi di fatica (modificato da Calder, 2003)
Tipo di fatica | Esempi |
Fatica Metabolica | Linguaggio del corpo letargico |
(deplezione riserve energetiche) | Deambulazione più lenta del normale |
Reazione più lenta ad eventi non previsti | |
Fatica Neurologica | Piedi lenti |
(sistema nervoso periferico; | Tecnica e coordinazione scadente |
muscoli) | Numero elevato di errori tecnici |
Scatti e gesti tecnici meno esplosivi e potenti | |
Fatica Neurologica | Perdita di concentrazione più rapida. Difficoltà a mantenerla. Difficoltà a concentrarsi |
(sistema nervoso centrale; cervello) | Processo decisionale rallentato |
Riduzione della capacità di anticipazione della velocità e posizionamento degli avversari | |
Fatica Psicologica | L'atleta mostra una chiara mancanza di fiducia durante la gara, nelle pause, fuori dal campo |
(emotiva, sociale, culturale) | L'atleta è più negativo del solito: dialogo interno e linguaggio del corpo |
Cambiamento nel modo di comunicare | |
Fatica Ambientale | L'atleta fatica più del solito per trovare il proprio ritmo in campo |
(spostamenti, viaggi, | Occhi stanchi e difficoltà a mantenere l'attenzione ai segnali visivi |
pernottamenti) | Scarsa capacità di seguire l'azione |
Tabella 5 – esempi di manifestazione dei vari tipi di fatica (modificato da Calder, 2003)
Tipo di fatica | Tipologia di recupero |
Fatica Metabolica | Reidratare e ricaricare le riserve energetiche prima, durante e dopo allenamento |
(deplezione riserve energetiche) | Attività di recupero attivo. Docce di contrasto caldo/freddo. Piscina. SPA. Immersioni in acqua fredda |
Assumere un pasto entro 1-2 ore dalla fine dell'allenamento. Monitorare l'idratazione | |
Fatica Neurologica | Reidratare e ricaricare le riserve energetiche prima, durante e dopo allenamento (comprese piccole quantità di proteine e carboidrati) |
(sistema nervoso periferico; | Entro 5-15 minuti dopo l'allenamento massaggiare i grandi gruppi muscolari affaticati con getti d'acqua |
muscoli) | Dopo l'allenamento o nel corso della giornata massaggiare i grandi gruppi muscolari utilizzando tecniche di jostling e light shaking |
Fatica Neurologica | Apporto costante e regolare di carboidrati durante l'allenamento e dopo l'allenamento per mantenere i normali livelli di glucosio nel sangue |
(sistema nervoso centrale; cervello) | Dopo l'allenamento: rilassarsi, ascoltare musica, visualizzazione |
Sauna. Contrasto caldo e freddo. Riposo | |
Fatica Psicologica | Concentrarsi sul processo di allenamento e non sul risultato finale |
(emotiva, sociale, culturale) | Concludere individuando 1-3 cose che hanno funzionato bene e 1-3 che hanno bisogno di maggiore lavoro |
Distrarsi dall'allenamento con film leggeri e divertenti, TV, libri. Passare del tempo libero con la famiglia e gli amici | |
Usare tecniche di rilassamento 10-15 minuti prima di addormentarsi per eliminare le scorie mentali della giornata | |
Fatica Ambientale | Pianificazione e preparazione riducono al minimo l'affaticamento |
(spostamenti, viaggi, | Rimanere idratati e ricaricare le riserve energetiche |
pernottamenti) | Mantenersi freschi in ambienti caldi e umidi. Se possibile utilizzare piscine, stare all'ombra, asciugamani freddi |
Durante i lunghi viaggi tenersi in movimento il più possibile | |
Riposare gli occhi riducendo al minimo l'affaticamento visivo. Indossare occhiali da sole, limitare l'uso del computer e consolle di videogiochi |
Tabella 6 – strategie di recupero mirate (modificato da Calder, 2003)
RECUPERO IN SPECIFICITÀ – UN ESEMPIO
Durante le tre stagioni in cui con il mio staff abbiamo allenato una squadra femminile di basket (stagioni dal 2010 al 2013; campionato senior con squadra di età media under 20; percentuale di vittorie totale 72%; percentuale di vittorie nelle partite punto a punto 80%) oltre ad utilizzare una metodologia di allenamento in specificità, abbiamo applicato la stessa specificità in tutte le fasi del recupero. Riporto per intero un passo che chiarisce in modo semplice cosa si intenda per fatica e recupero nel contesto della metodologia da noi utilizzata.
“Il problema del recupero deve essere considerato su due piani distinti: il piano mentale-emotivo e il piano <<fisico>>. La fatica più importante è la fatica centrale, non quella fisica.” “La fatica centrale è quella che ha a che vedere con uno stato di permanente concentrazione e che permette di reagire immediatamente e in modo coordinato alle situazioni di gioco. La fatica <<fisica>> è una fatica di tipo periferico. La fatica tattica è di tipo centrale (del sistema nervoso centrale) e deriva dalla necessaria concentrazione tattica decisionale richiesta in allenamento e in partita. La si può definire come quella fatica che subentra quando i giocatori non riescono più a concentrarsi perché sono stanchi di farlo.
La questione del recupero è quindi cruciale perché è fondamentale che i giocatori si trovino sempre in condizione di assimilare i comportamenti più adatti al gioco richiesto.
Il recupero obbedisce allo stesso principio dell'allenamento: deve essere specifico. Così come si ha un modello di allenamento si deve avere anche un modello di recupero. Anche in un allenamento di puro recupero mi concentro ugualmente su certi aspetti della nostra forma di gioco.” (da B. Oliveira, N. Resende, N. Amieiro, R. Barreto, 2009)
Il basket è uno sport dove un giocatore deve continuamente fare previsioni e prendere decisioni. Questo tipo di impegno è assai più importante e contemporaneamente più difficile da allenare di quello che viene chiamato fisico, tecnico, tattico. Nella nostra visione la giocatrice è stata considerata sempre come una sola entità originata dal prodotto – e non dalla divisione – dei suoi aspetti fisici, mentali e tecnici. L'apprendimento dei principi di gioco si è quindi realizzato grazie alla comprensione da parte della giocatrice di concetti che nascono nel sistema nervoso centrale e passano poi attraverso quello periferico.
Facciamo un esempio. La giocatrice in campo si trova a dover prendere una decisione. Quella decisione è stata già acquisita in allenamento in quanto principio del modello di gioco scelto. Presa questa decisione (in modo quasi sempre inconsapevole) è poi il corpo che la mette in pratica attraverso la sua capacità di compiere un gesto tecnico e un movimento fisico.
Questo è il significato di allenamento specifico.
Il recupero specifico passa attraverso gli stessi concetti. Dovendo salvaguardare la capacità della giocatrice di prendere decisioni efficaci non solo una volta per settimana ma per la durata di una intera stagione (nel caso della stagione 2012-2013 anche nella Final Four promozione), abbiamo programmato allenamenti e partite in cui allenare il recupero, minuti di gioco e giorni di riposo per ogni atleta.
RECUPERARE OGGI, ESSERE CONSAPEVOLI DOMANI
Abbiamo osservato come la fatica sembri essere un meccanismo il cui scopo è generare in ognuno di noi – atleta, coach, insegnante, studente, lavoratore – e in ogni organo del nostro corpo quella sensazione di stanchezza ed esaurimento che ci fa ridurre un'attività – sportiva, professionale, personale – che sta provocando troppi effetti – quei cambiamenti fisiologici e biochimici – poco salutari per essere gestiti a lungo senza gravi conseguenze per la nostra salute.
La fatica è quindi un nostro potente alleato che ci suggerisce di modificare il nostro comportamento al fine di salvaguardarci.
Ma ascoltarla e fermarsi non è più sufficiente. Il nostro corpo ci parla continuamente se sappiamo prestare attenzione. Comprendere ciò che ci sta comunicando non solo è saggio ma è soprattutto molto utile. Mettere in pratica le misure di recupero più indicate per aiutare il nostro corpo (fisico e mente) a recuperare più rapidamente e meglio possibile innalza la nostra capacità di essere performanti la volta successiva, ci prepara a sopportare carichi fisici, mentali ed emotivi maggiori e ci permette di essere davvero consapevoli di noi stessi cosa che, sport o vita, è un dono che non dovremmo mai scordarci di aprire.
Questo Articolo è stato pubblicato sulla rivista Nuova Atletica - Ricerca in Scienza dello Sport, N. 246, maggio/giugno 2014 e sul precedente blog http://parliamodibaskete.blogspot.it/
Prima pubblicazione online: 3 maggio 2015
Prima pubblicazione online: 3 maggio 2015
Bibliografia di riferimento
Alan St Clair Gibson A., Lambert E.V., Laurie H.G. Rauch L.H.G., Tucker R., Baden D.A., Foster C., Noakes T.D. – The role of information processing between the brain and peripheral physiological systems in pacing and perception of effort – Sports Med, 2006; 36 (8): 705-722
Amann M., Dempsey J.A. – Locomotor muscle fatigue modifies central motor drive in healthy humans and imposes a limitation to exercise performance – J Physiol, 2008; 586: 161-173
Ament W, Verkerke GJ. – Exercise and fatigue – Sports Med. 2009;39(5):389-422
Calder A. – Recovery and Regeneration – FHS 2003; 22: 12-15
Calder A. – Recovery Training – AIS, 2005
Deschenes M.R., Kraemer W.J. – The biochemical basis of muscular fatigue – NSCA Journal, 1989; Vol. 11: 41-44
Kayser B. – Exercise starts and ends in the brain – Eur J Appl Physiol, 2003; 90: 411-419
Marcora S.M., Staiano W., Manning V. – Mental Fatigue impairs physical performance in humans – J Appl Physiol, 2009; 106: 857-864
Noakes T.D. – Fatigue is a brain-derived emotion that regulates the exercise behavior to ensure the protection of whole body homeostasis – Frontiers in Physiology, 2012; Vol. 3; Article 82
Noakes T.D. – Time to move beyond a brainless exercise physiology: the evidence for complex regulation of human exercise preformance – Appl Physiol Nutr Metab, 2011; Vol. 36: 23-35
Nybo L., Secher N.H. – Cerebral perturbation provoked by prolongued exercise - Prog Neurobiol. 2004 Mar;72(4):223-61
Oliveira B., Resende N., Amieiro N., Barreto R. – Questione di Metodo – Tropea, 2009
USTA Sport Science Committee – Recovery in tennis – 2010
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